Il nostro piccolo guerriero Tommy

Ciao a tutti.
Siamo i genitori di Tommy, un bimbo di due anni, il nostro piccolo guerriero.
All’età di otto mesi Tommy cominciò ad avere dei disturbi che ci fecero subito allarmare, perciò iniziammo a fargli fare numerosi controlli, uno dei quali permise di diagnosticare un tumore al tronco encefalico, scatenando in noi mille paure e mille domande.

Iniziò cosi la sua grande lotta contro quel brutto mostro, iniziarono i lunghi interventi – uno dei quali durò 16 ore – e per noi si aprì un cammino fatto di interminabili attese e di termini incomprensibili che i dottori usavano per spiegarci le cose; poi vedendo i nostri occhi pieni di lacrime e paura, con la loro dolcezza ci rispiegavano tutto con altre parole più semplici. Ci hanno fatto capire che cosa era una chemioterapia, un protocollo chemioterapico, e che il nostro sarebbe durato 18 mesi.

Durante tale periodo, per noi un’eternità, sono stati gli stessi medici a tenerci per mano fuori dalla Rianimazione, a dirci di stare tranquilli e a gioire con noi a ogni risonanza magnetica andata bene. Eh già, anche noi eravamo entrati nella grande famiglia dell’Oncoematologia, perché è cosi che ti fanno sentire, come in una famiglia.

Dopo 4 mesi di ricovero tra i vari reparti siamo venuti a conoscenza di un mondo nuovo: il Day Hospital, dove i bimbi vedono tutto come un gioco speciale e per noi genitori diventa tutto più “quotidiano”. Tommy continuava a lottare come un vero guerriero dimostrandosi sempre più forte finché un giorno, dopo uno dei tanti controlli, ci fu data la notizia che un ultimo intervento avrebbe messo fine alla chemioterapia e ci avrebbe fatto tornare alla normalità, con meno paure.

Tra mille apprensioni arrivò il grande momento: di nuovo in ospedale per alcuni giorni, di nuovo una lunga attesa fuori dalla sala operatoria, poi ancora altri giorni in Reparto Rianimazione per poi finalmente stringere forte a noi il nostro eroe, che oggi è un bimbo davvero speciale.

Grazie ai super dottori che non hanno mai lasciato le nostre mani, perché dietro un bimbo malato ci sono due grandi malati di paura: i genitori.